
Dalle denominazioni piuttosto varie, le croci inverse rappresentano una grande famiglia di esercizi monoarticolari il cui movimento prevede un’estensione dell’omero sul piano trasverso a braccio esteso o semiflesso ed una contemporanea adduzione delle scapole. Le possibili tipologie di esecuzione dell’esercizio sono le più varie, da quella in ortostatismo o da seduto, ai cavi o con elastico, a quella in stazione eretta a busto flesso, con bilanciere, manubri o, di nuovo, ai cavi o con elastico, o ancora da decubito prono e tutte consentono di stimolare le medesime porzioni muscolari: deltoide posteriore, piccolo rotondo, sottospinato e, in minima parte anche il sovraspinato e il tricipite brachiale per la componente estensoria trasversa, oltre che piccolo e grande romboide e trapezio per la componente adduttoria. Nelle varie esecuzioni che spesso si osservano è facile notare come l’impostazione venga effettuata sempre mantenendo una presa neutra dall’inizio alla fine dell’esercizio, mentre in realtà vi sarebbe un piccolissimo particolare che renderebbe il gesto più funzionale: le rotazioni del braccio. Pertanto la corretta tecnica dovrebbe prevedere, a braccio fissato in isometria con gomito e polso sullo stesso piano trasverso passante per il centro del torace, un movimento di intrarotazione (piuttosto facoltativo) nella fase cedente (o eccentrica) dell’esercizio, e uno di extrarotazione in quella concentrica. Quanto detto non è una condizione necessaria affinché il muscolo possa esprimere una capacità di forza maggiore, come qualcuno erroneamente potrebbe credere (spesso, infatti, si incontrano soggetti i quali tirano in ballo la relazione lunghezza-tensione del muscolo, la quale non spiega assolutamente questo) bensì per far si che il muscolo stesso possa acquisire la capacità di esprimere gli stessi livelli di forza in tutti i gradi articolari e a tutte le possibili lunghezze muscolari: a tal proposito, infatti, applicando le corrette rotazioni, è possibile porre maggiore enfasi, in concentrica, sui muscoli sotto- e sopra-spinato, sul piccolo rotondo e sul fascio posteriore del deltoide, ossia quelle porzioni muscolari, già accennate sopra, che permettono un'extrarotazione omerale.
Un errore piuttosto comune nell'impostazione tecnica del gesto è spesso rappresentata da abduzioni del braccio eccessivamente marcate, che portano il gomito sullo stesso asse o addirittura al di sopra del punto di articolazione con la scapola, poiché in tal modo si corre il rischio di mettere sotto stress l'articolazione stessa e, in particolare, il muscolo sopraspinato che, sfregando contro l'acromion (sporgenza ossea della scapola) rischia dapprima di infiammarsi e, successivamente, di sfibrarsi fino anche a lacerarsi. Altro errore purtroppo ancora comune in molti centri fitness è quello di far eseguire il movimento in stazione eretta con flessione del busto a 90° a causa dell'eccessivo sovraccarico che viene a crearsi sulla zona lombare della colonna vertebrale che, in tal posizione, rappresenta la zona di maggior scarico delle forze del modello biomeccanico. A tal proposito si potrebbe semplicemente prevedere l'inserimento di un supporto la cui altezza sia pari a quella dell'anca (o leggermente superiore nei casi di blocco articolare) in modo da potervi poggiare la fronte, creando un secondo appoggio che consente una più ottimale distribuzione del carico grazie ad una riduzione degli stress a carico dei muscoli stabilizzatori ed estensori della colonna vertebrale e, quindi, di evitare l'insorgere di eventuali infortuni. Ancora meglio sarebbe l'accorgimento di poggiarvi addirittura il petto, in modo da non andare a sovraccaricare due muscoletti già particolarmente stressati dalla forza di gravità: gli sternocleidomastoidei.
Non ha invece alcun effetto negativo né costituisce un errore di esecuzione un'eventuale flessione del braccio in quanto questo non modificherebbe le attivazioni muscolari precedentemente descritte bensì, quello che verrebbe a crearsi in questa nuova situzione, altro non sarebbe che una riduzione del braccio di leva della resistenza che, quindi, renderebbe più facilitato il gesto, consentendo perciò di aumentare il sovraccarico allenante pur mantenendo costante i livelli di sviluppo di forza da parte dei muscoli agonisti. Allo stesso modo non costituisce un errore quello di continuare l'adduzione omerale oltre la linea delle spalle fino al punto in cui la specifica flessibilità articolare lo consenta, al contrario ciò consente di diventare più forti in tutti i gradi di movimento.
Infine ci preme ricordare che le croci inverse rappresentano uno degli esercizi più utili nei programmi rieducativi in terapia antalgica, post-trauma e di correzione della postura poiché, andando a sollecitare proprio quei gruppi muscolari che, come si è detto, sono extrarotatori delle braccia e retropositori delle spalle, consentono di contrastare diversi squilibri come l'antiversione delle spalle, le scapole alate, l'intrarotazione degli omeri e l'ipercifosi dorsale. In questi e altri specifici casi, inoltre, a discrezione di quegli istruttori e praparatori atletici estremamente preparati, può essere opportuno prevedere un movimento completo in concentrica e incompleto in ecentrica, in modo da prediligere un accorciamento di questi muscoli antigravitari.
Per i motivi appena esposti consigliamo di inserire sempre tale esercizio, in tutte le sue varianti, in tutti i programmi di allenamento al fine di preservare il corretto equilibrio muscolare.